di Michela Morgana.
La forma di meditazione più rappresentativa del mondo islamico è quella praticata dai sufi. Il sufismo è una via per chetare ciò che va chetato e per risvegliare ciò che va risvegliato. Fa capire l’impossibilità di chetare o di risvegliare ciò che non lo può essere, o di credere di averne bisogno quando non ce n’è bisogno Significa realizzare l’Unità nascosta nonostante le esigenze poste dalla diversità. Significa tener conto dei mezzi che nella diversità si presentano. Ci si avvicina al sufismo imparando a imparare (che non è cercare di acquisire conoscenza senza attuare la giusta pratica per conseguirla), rendendosi conto che costumi e preconcetti sono fatti essenziali solo entro determinati e ristretti ambiti (senza necessariamente cercare di creare un nuovo costume) e non giudicando sulla base di preconcetti. Occorre diventare consapevoli della non importanza allo stesso modo con cui si è consapevoli dell’importanza e senza cercare solamente i sentimenti importanti, sapere che non si guarisce con la parola ma con il metodo corretto di sceglierla e dirla al momento giusto. Nel mondo fenomenico c’è un’infinità di cose. Questo mondo fenomenico è anche una gabbia che tiene prigionieri, al punto di poter dire “è tutto qui”. Il sufi ribalta questa frase in “qui è tutto”, sapendo che il libero arbitrio è ciò che entro i limiti della realtà fenomenica da la responsabilità della scelta. Più la strada seguita è spirituale più è libera, più è materiale più è limitata dalla forza materiale del mondo fenomenico. Secondo il maestro iraniano Abu al Hasan Farisi (VIII – IX secolo) “le condizioni fondamentali del sufismo sono dieci. La prima è avere chiaro il concetto dell’Unicità divina (la ricerca dell’essenza di Dio); poi: trarre lezione da ciò che si ascolta (studiare e imparare); trovare sempre una buona compagnia (seguire una buona confraternita); preferire gli altri a se stesso (bontà e disponibilità empatica); non attardarsi nell’estasi (liberarsi dall’egoismo); chiarire a se stesso ciò che sorge nella coscienza (umiltà, dignità e consapevolezza); viaggiare molto; rinunciare al desiderio del guadagno materiale (accontentamento e povertà); proibirsi di accumulare beni materiali (saper affrontare le rinunce); adeguarsi al principio della verità (non mentire a se stesso e agli altri)”.
Per “viaggiare molto” si intende osservare le regioni e i paesi e trarne insegnamento, percorrere la terra alla luce della conoscenza e non nelle tenebre dell’ignoranza. Viaggiare serve a rompere i lacci e a rafforzare gli animi. Il sufi, quindi, se gli è possibile viaggia. Viaggia per conoscere, capire, paragonare, evolvere al fine di amare. Viaggiare unisce agli altri e libera dai lacci del preconcetto. Viaggiare con il corpo, con la mente, nei libri e nei secoli, nelle arti e nelle opere di chi ci ha preceduto. Viaggiare amplia gli orizzonti e permette di capire che l’essere umano è sempre se stesso e non lo è mai allo stesso modo.
Le principali virtù dei sufi sono conoscenza, coerenza, perseveranza, rispetto, empatia universale, equilibrio individuale.
La conoscenza si acquisisce con il disvelamento dei simboli, la compenetrazione del linguaggio, l’esperienza spirituale ( il cui strumento principale è il zikr, che conduce all’esperienza dell’illuminazione).
La coerenza chiede unitarietà di intenti rispetto alla propria essenza anche di fronte alla variabilità del mondo fenomenico (è un antidoto ai rischi di dissociazione psichica legati a certi aspetti della pratica sufi).
La perseveranza è rinforzata dalla preghiera canonica e dall’osservazione del digiuno rituale.
Il rispetto è rivolto alle persone, agli altrui pensieri e alle altre religioni entro un comportamento di empatica reciprocità.
L’empatia universale si acquisisce con la consapevolezza della realtà di Dio, del mondo fenomenico, del Sé.
L’equilibrio individuale si acquisisce nel rapporto maestro-allievo che porta all’abbandono di preconcetti, inibizioni, illusioni.
A queste virtù si aggiungono pazienza, rinuncia, sincerità, accettazione, umiltà consapevole, certezza. Il tutto costantemente retto dall’equilibrio. Il sufi realizzato è libero, nella consapevolezza del divino, nel suo rapporto con il mondo esterno, avendo superato i veli dell’ignoranza. Oltre a tutto ciò occorrono ancora la “pietas”, la sincerità costante, l’azione di grazia, l’abbandono fiducioso, l’accettazione totale degli avvenimenti e delle cause. Ma nessuna virtù può fiorire se non sul terreno del vero amore e il sufi è “totalmente innamorato” di Dio.
Colui che intraprende la via del sufismo lo fa solitamente entrando in una confraternita, all’interno della quale riceve da un maestro gli insegnamenti necessari, dottrinari e di pratica meditativa. È importante la presenza di umiltà, poiché l’umiltà comincia con una precisa considerazione del sé che riconosce in termini chiari il valore dell’individuo e la sua realtà fenomenica.
Il centro della pratica meditativa del sufi è il zikr, ovvero il “ricordo” di Dio. Vi sono due tipi di zikr, quello collettivo e quello individuale. Il maestro sufi Abd all-azzaa al Qashani, commentando un versetto coranico (2° 198) scrisse:” Vi ha guidati alla Sua rammemorazione secondo gradi. In realtà Dio guida anzitutto verso il zikr della lingua, che è la rammemorazione dell’anima; poi verso il zikr del cuore, che è la rammemorazione degli Atti da cui provengono i benefici e i segni divini; poi c’è il zikr del segreto (sirr), che è la visione segreta degli Atti, e il disvelamento della scienza dell’epifania degli Attributi,; poi il zikr dello spirito, che è la contemplazione delle luci dell’Essenza; poi il zikr del “nascosto” (khafiy), che è la contemplazione dello splendore del Suo essere, con il perdurare della dualità; poi il zikr dell’Essenza, che è la presenza testimoniale essenziale, poiché tutto il resto è sparito”.
Nella pratica il zikr è fondato su particolari tecniche di respirazione che portano ad una iperventilazione dei ventricoli cerebrali, quindi a una iperossigenazione del sistema nervoso centrale, motivo per il quale è importante un corretto apprendimento sotto la prudente guida di un maestro che ne insegni il controllo.
A latere del zikr, collettivo e individuale, ci sono riunioni collettive ognuna delle quali ha un tema specifico concernente, anno dopo anno, l’elaborazione dei sette simboli relativi ai sette “gradi di ascesa”: Quindi per un anno si parla di luce, l’anno dopo del suono e così via, fino a ricominciare, all’ottavo anno, da capo.
Ognuno di questi temi è studiato e commentato secondo diverse prospettive, anche punti specifici portati da un eventuale ospite.
È comunque il zikr che comprende in sé i sette temi che portano alla comprensione dei sette livelli evolutivi commentati e studiati in via ausiliaria nelle riunioni collettive. Questi sette livelli sono: suono, luce, numero, lettera, parola, simbolo, ritmo-simmetria. La via del sufi attraverso questi sette livelli, come ogni cosa nel mondo fenomenico, ha due aspetti, uno essoterico e uno esoterico.
In questo cammino il sufi raggiunge i sette livelli dell’essere, simbolicamente corrispondenti ai sette grandi profeti:
1 il mondo della natura dell’uomo – l’Adamo dell’essere (colore nero-grigio)
2 il mondo delle forme – il Noè dell’essere (colore azzurro)
3 il mondo della percezione spirituale – l’Abramo dell’essere (colore rosso)
4 il mondo dell’immaginale – il Mosè dell’essere (colore bianco)
5 il mondo dell’informale – il Davide dell’essere (colore giallo)
6 la natura divina- il Gesù dell’essere (nero luce)
7 l’essenza divina – il Muhammad dell’essere (colore verde smeraldo).
La via secondo questi sette gradi è ascensionale per l’essere umano che va verso la comprensione di Dio (reintegrando la consapevolezza dell’anima), ed è via di discesa con la quale Dio crea l’essere umano.
Il primo livello corrisponde alla matrice del corpo, matrice embrionale entro la quale sussiste una forma nuova non fisica (simbolizzata da Adamo). Il secondo livello (senso vitale) corrisponde all’anima animale, o psiche, terreno di lotte per Noè nei confronti del suo popolo. Il terzo livello (cuore) è quello del cuore spirituale, perla all’interno della conchiglia , comprensione del Sé autentico allo stato embrionale. Questo Sé autentico è simbolizzato da Abramo, l’intimo di Dio. Il quarto livello (limite dello stato di consapevolezza usuale, o intuizione) è il Segreto, il punto del sovraconscio, dei monologhi spirituali, quali quelli di Mosè. Il quinto livello (spirito) è un raggiungimento nobile della spiritualità, quale alterità divina, il Davide dell’essere. Il sesto livello (ispirazione) è l’accoglimento in sé dell’ispirazione, è simbolizzato da Gesù, colui che annunciò il Nome. Il settimo livello (Verità), quello dell’ultimo organo sottile attivato alla fine di questo percorso, corrisponde al centro divino dell’essere, al sigillo eterno, alla realtà trascendente e immanente di ogni essere umano, è simbolizzato da Muhammad, il sigillo della profezia.
Ognuna di queste sette tappe del viaggio ha il suo colore, relativo al colore della luce che il sufi talvolta vede durante il zikr. Questi sette colori sono, a partire dalla base: nero-grigio, azzuro, rosso, bianco, giallo, nero luminoso, verde smeraldo.
L’ascesa è coordinata secondo sette simboli ed ogni simbolo è oggetto di meditazione per ogni livello sperimentato (l’esperienza di ogni livello è esperienza di uno “stato dell’essere”). Il suono è il primo simbolo che apre alla comprensione extra materiale. Necessita della materia (campana, gong,…) ma da questa materia percossa (pizzicata, soffiata o in altro modo trattata) viene una vibrazione non visibile né toccabile, senza peso né colore. Si possono così immaginare corpo e anima. La coordinazione del suono grazie al ritmo e alla simmetria dà l’arte della musica, che comunica senza parole ed è comunque legata agli strumenti e agli intenti di chi li usa. Il suono si trasmette attraverso la materia (e in modo diverso a seconda del tipo di materia) ma, diversamente dalla luce, non si trasmette nel vuoto (assenza di materia) Il suono è vibrazione così come tutto nella materia risalendo alla sua costituzione oltre l’atomo è vibrazione. Vista l’importanza della vibrazione, impararne i parametri significa averne consapevolezza e capacità di gestione delle sue qualità.
Anche la luce è vibrazione, non afferrabile e senza peso, che permette di “vedere” e distinguere i colori generati dalle varie vibrazioni. Un paragone tra i più classici è quello tra Dio e Luce. La luce illumina lo spirito verso una meta comprensione.
Nelle parole di Ibn al-Sid (1052 – 1127), autore del periodo di fioritura del sufismo, si trova sintetizzato l’approccio e il senso che quest’ultimo attribuisce al numero: “Nell’intuizione dell’origine del numero dallo zero e della sua relazione con Lui, nonché dalla loro tendenza a ricollegarsi con Lui quando i gradi dei nove numeri giungono a completezza, vi è origine del mondo, e come è creato da Dio l’Altissimo (…). Come lo zero è causa dell’esistenza dei numeri pur non essendo un numero, così il Creatore è causa dell’esistenza del mondo, pur non essendo il mondo”. La meditazione legata alla scienza matematica è l’adattamento in termini matematici alla ricerca mistica. Il numero ha inoltre la possibilità di essere proiettato in forme geometriche dandosi così una dimensione anche spaziale. L’organizzazione del reale in forme geometriche sempre più complesse corrisponde al procedere del sufi di stazione in stazione. Una delle più interessanti meditazioni sul numero è quella sul cinque, numero legato alla sezione aurea (con tutto quanto ne concerne….).
La lettera è strumento fondamentale che rende possibile la scrittura di testi e la relativa lettura, aprendo alla conoscenza. Nel mondo islamico inoltre essa è una vera e propria forma d’arte, sviluppata nella calligrafia, che tocca e riassume i valori di suono, numero, parola e ritmo. Nell’arte calligrafica parola, linea, geometria, ritmo si uniscono armoniosamente trascendendo la materia e portando la Parola di Dio.
La parola è ciò che da accesso alla rivelazione e ne è strumento di comprensione. Si evolve attraverso la parola. Libri sacri sono tutti quelli rivelati ai profeti (non solo il Corano quindi) e tutti vengono onorati (ed eventualmente meditati oltre alla meditazione coranica). Dunque, la parola comprende i testi sacri, l’elenco dei novantanove nomi di Dio nel Corano e tutto quanto è nel zikr.
Il simbolo è ovunque e polivalente, i suoi significati sono plurimi e non completamente riducibili a un significato fisso. Così, Ghazali (1050–1111): “È impossibile esaurire i molti modi con cui i simboli possono essere interpretati. Voglio accennare solo che certe entità del mondo celeste spirituale vengono simbolizzate col sole, con la luna, con le stelle, mentre altre possono essere rappresentate con vari simboli (…)”. Simbolo cosmologico caro ai sufi è ad esempio la montagna, che rappresenta la materialità da penetrare. Meditare sul simbolo della montagna è trovarne l’ingresso ed entrarvi, come entrare dentro il proprio cuore. Il Corano invita a viaggiare per vedere e capire i simboli di Dio.
Ritmo-Simmetria. La legge di Dio è equilibrio e il sufi lo persegue attraverso lo studio di ritmo e simmetria, trovandolo e amandolo in natura e nel privilegiato campo dell’arte. L’arte è per sua natura fondata su ritmo e simmetria e ne è la massima manifestazione umana, per questo può essere una privilegiata via di evoluzione spirituale.
Ognuno dei temi trattati pur ricevendo un’attenzione specifica di anno in anno, non ha valore di per se stesso, ma in relazione con tutti gli altri e spesso la profonda interazione tra un tema e l’altro è di particolare evidenza, come nel caso della musica che impegna a una riflessione congiunta tra suono e ritmo e simmetria, o la già citata sezione aurea, carica di implicazioni su più livelli.
Questo articolo fa parte di uno scritto più esteso sulla meditazione. Puoi leggere l’introduzione al testo, o proseguire con la lettura delle altre scuole di meditazione cliccando su una della seguenti voci: